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“Nel bosco” di Elisa Biagini

nel bosco - elisa biaginiSi intitola Nel bosco il nuovo libro di poesie di Elisa Biagini (Einaudi, 2007, 12 Euro) e proprio nel titolo si può ritrovare una delle chiavi di lettura dei testi in esso contenuti. Biagini gioca a carte scoperte pescando nel repertorio delle favole, da Cappuccetto Rosso, che qui diventa Cappuccio Rosso, a Gretel o del perdersi (senza Hansel!) che chiude la raccolta, passando attraverso La sorpresa nell’uovo, favola sì, ma dell’autrice stessa con evidente richiamo a raccolte e tematiche precedenti (Uova, 1998, ma anche L’ospite, 2004). I riferimenti espliciti alle favole svaniscono quasi immediatamente non appena ci si addentra nel testo, forse bosco esso stesso, che acquista da subito la valenza metaforica dell’intorno, dell’alterità: perché c’è un solo personaggio che si muove tra gli alberi, quello della poetessa che si rivolge incessantemente a se stessa senza lasciarsi alcuna possibilità di confronto con l’esterno, con l’altro. Il bosco è vuoto e non c’è modo d’incontrare né lupi, né streghe se non in un futuro non meglio definito (portati i pezzi/di come sarai/se non ti ferma/il lupo) o in altri passi più ermetici dove il lupo e la poetessa tendono a confondersi l’uno nell’altra. Unico abitante del bosco è una donna-bambina che si studia da sola guardando i frammenti di se stessa riflessi negli alberi-specchio, e rimane sola anche laddove un rivolgersi a una seconda persona sembrerebbe invece lasciare spazio a qualcosa d’esterno. Una selva di specchi quindi, ma non come quelli di Alice che hanno un oltre, specchi normali otticamente riflettenti un’immagine de-costruita, che cerca di circoscrivere il particolare per poter aspirare, utopisticamente ad una definizione totale del sé. Il bosco-non-bosco è quindi costituito da immagini di parti del proprio corpo che rimandano subito ad altro attraverso metafore e similitudini (come, come di, di…) ossessivamente ripetute. Un bosco che non c’è e per questo senza pericoli, dato che i pericoli si trovano solo dentro se stessi, “in questo/scambio di/pelli”.
La scrittura in questo libro si è fatta rispetto a L’ospite, se possibile, ancora più essenziale: il vocabolario è prosciugato e avulso dal tempo, né passato, né imperfetto, né futuro. Semmai un presente (im)permanente che non lascia spazio a costruzioni, né tanto meno a speranze. Versi solidi come pietre, lapidari, statuari, senza possibilità di cambiamento alcuno, senza spazio al dubbio, all’eventualità, alla pazzia. Si sente lo sfregamento della lima, le sforbiciate, i freghi sulla carta, i tasti del e canc che si abbattono sul testo in una ricerca quasi ungarettiana dell’unica parola possibile. Un’operazione chirurgica volta a eliminare il superfluo, l’umoralità, la passione, il cancro aggettivale dei versi. Un’anestesia dell’io che così può essere sparpagliato sul tavolo operatorio. Il corpo viene completamente disanimato, anestetizzato in modo che la poetessa-coroner possa operare con il massimo distacco possibile per poter così avvicinarsi all’(a)(e)s-senza del proprio corpo. Una volta spaccato il guscio-corpo, l’anima s’intravede tra i frammenti di denti, di ossa, di pelle e tra il sangue, questo sì rosso come il tuorlo. Il dolore viene allora momentaneamente annullato dal cinismo medico dei versi della Biagini.
Alcuni testi della raccolta è possibile leggerli sul sito ufficiale della poetessa.

1 comment to “Nel bosco” di Elisa Biagini

  • Ansel est en apparence le grand absent du recueil “Nel bosco”. Celui auquel il n’est jamais fait allusion. C’est oublier que Celan est l’anagramme de Antschel (Ansel), le vrai nom du poète juif allemand, et que Celan est présent tout au long du recueil.
    Angèle Paoli

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