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Italiano con la letteratura: L’agnello di Pasqua di Ferdinando Paolieri

Agnus Dei -particolare dall’Altare di Issenheim di Matthias Grünewald (1480 circa-1528)

Benché la tradizione voglia che la portata principale sulle tavole imbandite della domenica di Pasqua sia a base di carne di agnello, al giorno d’oggi sono in molti a rifiutarsi di aderire a questa regola ritenuta barbara e crudele. Il racconto che vi proponiamo, tratto da Novelle agrodolci (1925) di Ferdinando Paolieri, narra quanto possa essere doloroso per un bambino scoprire a quale fine è destinato questo piccolo animale innocente. Il primo esercizio vi chiede di mettere in ordine le parti del racconto.

L’AGNELLO

L’aurora tingeva le nubi di porpora, ma poi, via via che il cielo schiariva, anche le nubi diventavano prima rosee, poi dorate, infine i loro lembi sfioccati si riunivano, si gonfiavano di vento ed esse montavano, bianchissime, il grande arco dell’orizzonte sospinte dalla raggiera del sole.
Il giorno prima era stato freddo e fosco; un grigiore uniforme, accentuatosi verso mezzodì, aveva costantemente tenuto la campagna sotto il suo velo funereo.
Il nonno che portava Pierino alla funzione lungo il viottolo rosso fra le macchie verdi tutte trillanti di uccelli, gli aveva detto che il cielo si rabbuiava tutti gli anni, a quel modo, nel giorno del transito di Gesù.

A) I discorsi correvano filati, la loro logica non faceva una grinza, la meraviglia della giornata e del paesaggio conferivano al corpo ed allo spirito quella pacata beatitudine che ci rende puri e disposti a qualsiasi concessione, e questa beatitudine raggiava, veramente, dalla fisionomia placida e ben colorita di quel florido vecchio campagnolo e di quel fanciullo innocente.
Pierino, però, avvedendosi che avevano deviato dalla strada di casa per imboccare una viottola ripida che conduceva alla capanna di Natale, (il pecoraio) di cui il ventolino recava il fetore caratteristico fino al ragazzo ed al nonno; e temendo che il nonno, accalorato nel discorso, avesse scambiato sentiero, gli tirò, discretamente la giubba, e gli disse: – Ma… nonnino, o dove tu mi porti?
– È una sorpresa…. vedrai.
E, compatibilmente alle forze del settuagenario, allungarono il passo.

B) Quella mattina la chiesa di bardiglio∗ era tutta piena di contadini, di fattori, di possidenti. In un posto privilegiato, benché in chiesa di posti privilegiati non ce ne dovrebbero essere, si vedeva la marchesa inginocchiata, che pregò sempre col capo fra le mani.In fin de’ conti le era morto il figliolo in guerra e, benché marchesa, era una mamma anche lei.
Quando squillarono tutti i campanelli, e l’unica campana della chiesetta, dalla porta, che avevano dovuto lasciare spalancata a causa della gran ressa di gente, si sentivano entrare a folate, col buon vento primaverile, i doppî giocondi di tutte le parrocchie sparpagliate su per le conche dei poggi celesti.
Allorché la gente uscì di chiesa, pesticciando forte la mortella sparsa in terra, per sentirne l’odore acre, quasi amarognolo, era una festa di sole che rallegrava tutti i cuori e lo splendore degli olivi così luccicante da far male agli occhi.
∗varietà di marmo

C) L’agnellino di Dio, barbaramente sgozzato, penzolava da un chiodo e Michele, il servitore, si preparava a spellarlo sotto lo sguardo vigile del nonno. Il collarino rosso era stato sostituito da un collare di sangue.
Pierino non riuscì a trovar parole…. pensò all’agnello di Dio, ai peccati rimessi, ai discorsi del giorno prima…. e Cielo, umanità ed arrosto si confusero nel suo cervello in un tutto mostruoso e inesprimibile, finché (un groppo improvviso serrandogli violento la gola), fuggì nella chiusa dei coniglioli a piangere disperatamente su quella prima rivelazione dell’umana menzogna.

D) Sulla porta del casolare, Natale, che li aveva già sbirciati da lontano coi suoi occhi di lince, s’affacciò sorridente, reggendo sulle braccia un meraviglioso agnellino, un vero fiocco di cotone bianco, a cui aveva messo al collo il suo bravo collarino rosso fiammante.
Figurarsi Pierino! Batteva le mani, saltava, rideva cogli occhi lustri e il visino paonazzo dalla commozione; e il nonno se la godeva un mondo.
– Ecce – disse il nonno solennemente – agnus Dei qui tollit peccata mundi, ecco l’agnello del Signore che leva i peccati del mondo.

E) Era vero. Il nonno che aveva visto settanta primavere non si rammentava d’un Venerdì Santo sereno.
Qualche volta quando s’era levato, il cielo era ancor chiaro, ma tirava vento e i dorsi lanosi delle grandi nuvole salivano adagio dalla valle del fiume alle montagne; poi, pian piano tutta la volta celeste si copriva di nubi, un grande, un fantastico armento ovattava tutto il cielo lasciando filtrare a intervalli un sole color caffè e latte; finché le «pecorelle» incupivano, pigliavano una tinta bigio-piombo di malo augurio e verso il tocco dopo mezzogiorno pareva che l’acqua fosse lì lì per rovesciarsi a torrenti sulla terra.
Al tramonto si levava il vento, un vento qualunque, tanto che bastasse a spazzar via la nuvolaglia sordida, a rammontarla, davvero, come se avesse una granata invisibile, contro le cime dei monti dalle quali esalava, come fumo, nell’infinito, e prima dell’undici del Sabato Santo faceva un sereno da allargare il cuore.

F)  – Bambino mio, vuol dire che la mansuetudine è l’unica arma colla quale si vincono tutte le battaglie. Per spiegarmi un po’ meglio ti dirò che Gesù discese in terra a predicare l’amore, la legge del perdono, a confermare il dogma «non ammazzare» e così gli uomini violenti e rapaci che vedevano compromessa la loro legge di rapina, lo crocifissero. Ed egli, mansueto come candido agnello, si fece martirizzare e spirò perdonando. Codesto suo verbo d’amore ebbe più larga eco e maggiori conseguenze che s’egli avesse vinto con un esercito immenso la più grande delle battaglie, o si fosse messo alla testa della più sanguinosa delle rivoluzioni. La sua parola non poté esser distrutta, come si distruggono, invece, gli eserciti. Il «verbo» che poi vuol dire la parola, il pensiero divino espresso per bocca d’un uomo, il «verbo» dunque, fu raccolto da alcuni i quali se lo tramandarono e su quel «verbo» giurarono e per quel «verbo» furono perseguitati, martirizzati ed uccisi. Ma intanto nacque il culto per codesto Maestro che fu simboleggiato nell’agnello incolpevole e i seguaci di codesto culto, senza colpo ferire, rovesciarono i troni dei crudeli imperatori romani, si sparsero per tutto il mondo e ne scacciarono, dovunque, la barbarie in nome della nuova dottrina dell’agnello. Io non so, caro Pierino, se avrò reso con bastevole chiarezza il mio pensiero… in ogni modo…
– In ogni modo, – si affrettò a interromperlo Pierino che era un ragazzo dimolto intelligente, – mi pare d’aver capito abbastanza bene. E ti prometto che non mi lascerò mai vincere dall’ira, che non desidererò nulla che non sia di mia strettissima competenza, e non farò mai male a nessuno.
– Specialmente alle bestie! Perché si comincia da quelle.
– Nemmeno alle bestie.

G) Si provarono, avviandosi verso casa, a farsi seguire dall’agnellino; ma per quanto grandicello, il piccolo redo era sempre incerto sulle gambe e pauroso in modo straordinario. Sicché il nonno dové tòrselo in collo e così arrivarono trionfalmente a casa, fra mezzo a una magnifica fiorita di gelsi, col fiocco di neve sulle braccia, destando l’entusiasmo generale. Pierino stette tutto il giorno dietro all’agnello, la sera prese una bizza fenomenale perché voleva portarlo a dormir con sé, e tutta la notte si rivoltolò nel suo lettino sognando che gli volevano rubare il bianco messo di Dio.
La mattina di Pasqua per tempo, Pierino, intrufolatosi in cucina, curiosando qua e là, s’era fermato a veder disporre in un vassoio l’ova sode da mandare a benedire, quando si rammentò dell’agnellino e corse fuori a cercarlo; sul prato, nelle stalle, dai coniglioli, persino nel pollaio, e non lo trovò. Finalmente, passando per caso dalla rimessa, vide una cosa che lo lasciò gelato di spavento.

H) Il nonno, tenendo Pierino per mano colla sinistra e rimettendosi in capo colla destra il cappello, diceva sull’uscio dì chiesa: – Meravigliosa giornata! Si vede proprio che è risorto il Signore! L’agnello di Dio che venne in terra ad affrancarci dal peccato!
– Nonno, – domandò Pierino, – cos’è quest’agnello di Dio?
– Non l’hai visto, dunque, effigiato in quel tondo di legno sopra la porta maggiore?
Pierino si voltò, e vide benone l’agnellino mal dipinto da un pittore da strapazzo con una gamba ripiegata, che pareva rotta, nella cui giuntura stava infilata l’asta della bandierina bianca colla croce rossa, e l’agnello, per dar l’idea del candore, era azzurro!
– Lo vedo anche in questo momento, – rispose Pierino, – ma che cosa vuol dire?

Secondo esercizio. Qual è il significato delle “strane” parole in neretto nel testo? individuatelo fra le tre possibilità proposte.

grinza: incertezza; paura; piega
fetore: fragranza; aroma; puzzo
pesticciando: respirando; scalciando; calpestando
penzolava: si reggeva; pendeva; era legato
lustri: felici; lucidi; azzurri
il tocco: il pranzo; le una; il pomeriggio
rammontarla: ammucchiarla; dissolverla; spargerla
granata: esplosivo; scopa: bacchetta; magica
bastevole: sufficiente; insufficiente, notevole
bizza: capriccio; passione; stravaganza

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