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Insetti, colore e liquore = l’alchermes

Oggi parleremo di un piccolo insetto, un antipatico parassita delle piante piuttosto brutto a vedersi, che si chiama cocciniglia. Questo animaletto rappresenta un grave problema in agricoltura, perché può infestare massicciamente le piante di cui si nutre. Siccome, però, non tutto si butta via in natura, ecco che l’uomo ha trovato il modo di utilizzare anche questo esserino in molti ambiti produttivi. Come mai? È sufficiente schiacciare tra le dita l’insetto per capire il perché: le mani si macchiano di colore rosso vivo. Così per esempio si procedeva per procurarsi la tinta usata per decorare le pareti di edifici religiosi nel continente americano: oggigiorno in Messico (per esempio a Cacaxtla) si possono ammirare splendidi dipinti murali, sopravvissuti alle varie distruzioni sia climatiche che umane, in cui il rosso ottenuto con le nostre cocciniglie risalta violentemente.
Inoltre la cocciniglia è stata prevalentemente usata, dai tempi dei tempi e un po’ in tutte le culture del mondo, come colorante per le stoffe. In Italia, e questo è l’argomento centrale di questo post, è essenziale per dare ad un liquore dolcissimo a base di erbe, l’alchermes, il colore più allegro che esista.
La parola alchermes (o alkermes) deriva dal’arabo al-kirmiz, che significa appunto cocciniglia, ma anche cremisi, che è proprio la tonalità di rosso che caratterizza il nostro liquore. L’alchermes ha normalmente una gradazione piuttosto bassa ed è troppo dolce, il che non lo rende adatto alla degustazione (non è un liquore da meditazione, insomma), ma ne fa una bagna ideale per aromatizzare le basi di pan di spagna o biscotto di molte preparazioni di pasticceria. Qualche idea? La zuppa inglese, le paste chiamate pesche, il dolce Torino.

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Volete una ricetta? Ecco a voi allora, tratto da La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi, il Dolce Torino (preparato, assaggiato, divorato e gradito alla grande!).
Gli ingredienti sono:

  • biscotti savoiardi, 100 grammi;
  • cioccolata fondente, 100 grammi;
  • burro, 100 grammi;
  • zucchero a velo, 70 grammi;
  • un rosso d’uovo;
  • due cucchiai di latte;
  • un pizzico di vanillina;
  • alchermes ed eventualmente un altro liquore

Si procede così: in una ciotola ammorbidite il burro, dopo avervi unito lo zucchero a velo ed il tuorlo d’uovo. Amalgamate bene. Spezzettate la cioccolata, aggiungetevi i due cucchiai di latte, il pizzico di vanillina e sciogliete il tutto a fuoco basso in un pentolino; versate il composto ancora caldo sul burro lavorato e mescolate bene. Tagliate a metà per il lungo i savoiardi, inzuppateli nell’alchermes e procedete come fareste con il tiramisù: fate, cioè, uno strato di biscotti alternandolo ad uno strato di crema di cioccolata. Date al dolce una forma quadrata. Terminate ricoprendo l’intera superficie con la cioccolata. Mettete a riposare in frigorifero per la notte. La mattina dopo, poco prima di servire il dolce, lisciatene la superficie con una lama di coltello riscaldata sul fuoco e ricopritela con granella di nocciole o pistacchi tostati. La ricetta dell’Artusi suggerisce di alternare lo stato di biscotti inzuppandoli sia nell’alchermes che in un altro liquore, per esempio il rosolio. Siccome, però, ultimamente sembra che sia possibile procurarsi il rosolio solo producendoselo in casa (le vecchie cose buone ormai introvabili!), vi suggerirei di provare con il liquore Strega: la gradazione alcolica rischia di salire alle stelle, insieme al vostro morale, ma se vi mantenete sobri nelle quantità il risultato sarà sopra ogni vostra aspettativa!

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