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Beppe Severgnini: una seria lezione semiseria d’italiano.

Alla Libreria Edison in Piazza della Repubblica si è tenuta una lezione un po’ sui generis di italiano scritto. Il docente era Beppe Severgnini, uno dei più popolari giornalisti, in Italia e all’estero.

Severgnini si è presentato al pubblico con qualche minuto di ritardo, impermeabile, ombrello, borsa, completo blu e un sorriso franco e solare sul volto. Ha immediatamente palesato la sua emozione nel vedere così tanta gente che, nella città di Dante e in cui Manzoni “venne a risciacquare i panni”, si era riunita per venirlo a sentire e, con fare disinvolto, ha cominciato la sua lezione partendo da una forma di scrittura assai comune: l’sms. Il messaggio inviato con il cellulare, come l’email o le chat line, ha infatti portato di nuovo alla ribalta la lingua scritta anche nei rapporti informali, costringendo, dunque, a una consapevolezza maggiore di come si scrive e di come si dovrebbe scrivere. Ad esempio, è essenziale componendo un testo, a giudizio di Severgnini, seguire la regola del P.O.R.C.O., ovvero Pensare, Organizzare, Rigurgitare (cioè scrivere, buttare giù quanto si è pensato), Correggere, Omettere (ossia fare un po’ di labor limae, togliere le parti meno brillanti, perché, ricorda Severgnini, “scrivere è come scolpire”). Del resto, è opportuno tenere presente che, come nella scrittura creativa si dovrebbe prima cominciare dalle basi per poi raggiungere il free style, così anche quando si scrive una semplice email sarebbe necessario rileggerla, mettere le maiuscole le minuscole nei punti giusti, nonché la punteggiatura, e comporla nel modo meno sciatto possibile, visto che è doveroso usare rispetto nei confronti del nostro futuro lettore.

Ancora, Severgnini sostiene che esista una regola principale quando si scrive: Tutto quello che non è indispensabile, è dannoso (attenzione alla “virgola” all’interno della frase! A giudizio del giornalista è necessaria per coglierne appieno il senso). A questa regola n.1 fa seguito la 1bis: “se chi legge non ha capito, è colpa tua che hai scritto male (anche se il lettore, tiene a precisare il noto giornalista, è innamorato, ubriaco, ha sonno, ecc…)”. Infine, secondo Severgnini, “in guerra, in amore e in scrittura tutto è permesso”, dunque “se fate qualcosa che vi convince e vi piace, difendetelo!”. Come dire che qualunque cosa si scriva e sia una creazione personale e supportata da teorie veramente sentite è giusta; da qui è seguita per qualche minuto una simpatica querelle sull’uso del congiuntivo e sul fatto che talora, secondo Severgnini, possa essere sostituito con l’indicativo, mentre i Fiorentini presenti ribadivano l’assoluta necessità del primo, fedeli e impavidi sostenitori delle regole del toscano e quindi dell’italiano.

A conclusione della lezione Beppe Severgnini ha elencato quelli che, a suo modo di vedere, sono i tre attuali “virus” della lingua italiana: 1) l’uso eccessivo e pervasivo dell’aggettivo “straordinario”: sarebbe il caso che si cominciasse a usare qualche sinonimo; 2) l’assurda abitudine di rispondere “assolutamente sì”, verrebbe da chiedersi come sia un “sì” non assoluto; 3) l’abitudine quanto mai comune d’inserire all’interno del discorso l’espressione “in qualche modo” e, qui, riporto le testuali parole di Beppe Severgnini: “Gli inqualchemodisti sono dei gran vigliacconi”!

Poi è stato il momento degli applausi, dei ringraziamenti e degli autografi. Chi scrive spera di aver bene interpretato e riferito quanto appreso mercoledì alla Libreria Edison, nel caso che ciò non sia avvenuto se ne scusa con il prof. Beppe Severgnini, promettendo di rileggere meglio il suo libro e di studiare di più attentamente!

L’immagine di questo articolo è tratta da qui.

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